3 Gen 2021

Investimenti alternativi: quali rischi e quali opportunità

Un mercato interessante per le banche.

Mi capita sempre più spesso di leggere sulla stampa specializzata che le nuove opportunità di rendimento per gli investitori risiedono negli investimenti alternativi. Complice la bassa redditività del comparto obbligazionario e la volatilità del mercato azionario, si moltiplicano le offerte delle principali reti e banche specializzate nella gestione del risparmio.

Per i più importanti player nei prossimi quattro anni l’obiettivo è di arrivare a far crescere questo comparto fino al 15-20% dell’ AUM (Asset Under Management), ovvero del patrimonio totale degli investimenti in gestione. Una crescita molto ambiziosa, soprattutto se parliamo di investimenti non ancora così diffusi presso la clientela.

Gli investimenti alternativi vengono presentati come asset esclusivi, più redditizi e fino ad oggi a disposizione solo della clientela più facoltosa, di fatto preclusi alla maggioranza dei risparmiatori.

Ecco le categorie principali:

  • Private Equity, investimenti in società non quotate e l’investitore può partecipare direttamente allo sviluppo delle società.
  • Private Debt, come per il Private Equity l’investitore effettua un prestito direttamente all’azienda senza passare dal mercato e quindi senza la quotazione ufficiale della relativa obbligazione.
  • Hedge Fund, strumenti di investimento molto diversi dalle sicav e dai fondi comuni in quanto il gestore può adottare tecniche, stili gestionali non predefiniti e non c’è un benchmark (es. Azionario usa small cap o obbligazionario area euro) a cui fare riferimento per conoscere gli asset all’interno e le qualità gestionali del fondo.
  • Asset Reali come oro, diamanti e metalli preziosi, in genere attraverso lingotti, monete o ETF, ma anche investimenti immobiliari per mezzo del crown funding o dei fondi immobiliari chiusi.
  • Collezionismo, si tratta di investimenti in oggetti di arte, auto storiche, francobolli, monete d’oro, vini di prestigio etc.

In questo articolo mi vorrei concentrare sui primi due punti, Il private equity e il private debt perché è su questi due strumenti che si sta concentrando maggiormente lo sforzo di raccolta da parte dei consulenti finanziari delle banche. Vale la pena di lasciare da parte il collezionismo ad appannaggio di esperti, gli investimenti in oro fisico per mezzo di lingotti o ETF che dispongono di un prezzo sufficientemente chiaro e una liquidabilità giornaliera o gli Hedge fund non ancora così sviluppati in Italia.

Assenza di una regolamentazione

Gli investimenti alternativi si differenziano dagli investimenti tradizionali per due aspetti fondamentali, in primo luogo l’assenza di un mercato pubblico e una minore regolamentazione e sorveglianza da parte degli organi di vigilanza a tutela del risparmiatore.

Proprio a causa di queste due problematiche, fino a un paio di anni fa si poteva accedere a questi strumenti con un capitale minimo di 500.000 euro ma esso doveva rappresentare almeno un quarto del patrimonio liquido complessivo. In parole povere solo un cliente con almeno 2 milioni di euro poteva sottoscrivere questi prodotti finanziari. La premessa è che il cliente deve investire con orizzonte di medio lungo termine e la maggioranza di questi asset ha un vincolo decennale.

Non essendo strumenti regolamentati, per la mia esperienza il cliente non ottiene una rendicontazione chiara ed esaustiva su come vengono impiegati i propri soldi, a chi sono stati prestati o di quale società si è entrati in partecipazione. Il risparmiatore fa un atto totale di fiducia per 10 anni nella speranza di centrare l’obiettivo di restituzione del capitale e di aver conseguito un rendimento.

La società di gestione effettua un rendiconto periodico delle somme investite comprensivo di un controvalore maturato. Tuttavia non esistendo un mercato, questo valore è frutto di una stima ed è del tutto ipotetico. Un valore è chiaro solo nel momento in cui c’è un acquirente disposto a comprare ad un certo prezzo, così come avviene giornalmente in borsa per qualsiasi azione, obbligazione, fondo o materia prima. Vedi le regole fondamentali del buon investimento: https://www.consulentefinanziarioindipendente.it/10-portafogli-gratis/

Come si può dichiarare per iscritto che l’investimento oggi ha un valore se non c’è un mercato e quindi la totale assenza di compratori?

Questi investimenti erogano occasionalmente o periodicamente una percentuale rispetto al patrimonio investito o una somma fissa ma attenzione, si tratta della restituzione di una parte del capitale inizialmente versato. Se si guarda nel dettaglio, non viene applicata l’imposta sul capital gain del 26%, la società di gestione delibera un rimborso parziale di cui non si capisce esattamente per quale motivo viene effettuato. Essendo obbligatoria per legge su qualsiasi strumento finanziario generi un rendimento, è del tutto evidente che la tassazione verrà applicata in via cumulativa alla fine del periodo sul capitale residuo, sempre che vi sia stata una rivalutazione.

Un sicuro business per gli intermediari

Gli investimenti alternativi vengono prospettati come la panacea ai bassi rendimenti dei bond e alla volatilità dei mercati azionari, come una naturale diversificazione degli asset, ma l’unica certezza è per la banca che in questo modo si può assicurare la stabilità del portafoglio clienti per 10 anni a commissioni del 2-3% all’anno senza che questi possa liquidare anticipatamente se non incaricando la società di gestione di trovare un eventuale acquirente e chissà a quali condizioni. Perché sappiamo bene che quando si ha necessità si è costretti a svendere a qualsiasi prezzo. Tutto questo senza conoscere nel dettaglio come vengono gestiti i soldi con una regolamentazione poco chiara e trasparente, come invece avviene per le altre forme d’investimento a tutela della clientela.

Ultimamente le banche hanno compreso che per i loro bilanci e per il consolidamento della clientela gli investimenti alternativi sono un business irrinunciabile e a tal proposito hanno deciso di abbassare il limite di ingresso a 100.000 euro andando così a pescare su un bacino molto più ampio, la clientela affluent (fino a 500.000 euro).

Quali risultati? Un dato da scoprire solo dopo 10 anni

Poco importa se fra dieci anni i risparmiatori dovessero scoprire che i risultati non saranno quelli attesi. Anche il cliente medio si sarà sentito un po’ più importante avendo investito in strumenti cosidetti esclusivi come fanno gli HNWI (High Net Worth Individual coloro che dispongono di un patrimonio liquido di almeno 10 milioni di euro), ma quest’ultimi prima di destinare un quarto del capitale sugli investimenti alternativi si spera abbiano fatto qualche approfondimento in più.

Oppure si potrà sempre dare la colpa al mercato che in verità l’unico che non è ha nessuna.

Per approfondire gli investimenti alternativi: https://bit.ly/3rN5nEX

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